Le società di recupero crediti sono specializzate nella gestione di pacchetti di crediti in sofferenza, ovvero non onorati, non pagati, di proprietà di soggetti terzi, normalmente banche, finanziarie e grandi società telefoniche.
Interpellate al fine di portare a termine attività di recupero stragiudiziali, che consiste nel sollecitare insistentemente il debitore con telefonate, lettere di messa in mora e visite esattoriali: e spesso calcano un po’ troppo la mano.
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Se da un lato abbiamo infatti società che si comportano correttamente, rispettando tutti i vincoli e divieti imposti dalla legge (e sono la maggioranza), dall’altro vi sono sempre più casi di società denunciate alle autorità per comportamento molesto.
Per potersi tutelare in questi casi è bene conoscere nel dettaglio chi può intraprendere quest’attività, come sono organizzati e quali sono gli obblighi e i divieti a cui sono sottoposti.
Cos’è il recupero crediti?
Il recupero crediti è un’attività fondamentale per recuperare i debiti non pagati da parte di terze persone. Le società di recupero crediti svolgono un ruolo chiave in questo processo, offrendo servizi di recupero e riscossione per conto di privati e uffici pubblici. In genere, sono le grandi aziende, come le compagnie di telefonia mobile o le banche, a rivolgersi a queste agenzie per gestire un gran numero di debitori.
Per svolgere l’attività di recupero crediti, è necessario rispettare una serie di requisiti e vincoli stabiliti dalla legge. Non tutti possono intraprendere questa attività, che è soggetta a limitazioni specifiche. Un punto chiave da considerare è il ruolo degli avvocati nel recupero crediti.
Chi può svolgere l’attività di recupero crediti?
Il recupero crediti è un’attività molto particolare, sottoposta a numerosi vincoli. A non tutti infatti è permesso di intraprendere tale attività che, del resto, non può essere avviata di punto in bianco.
Nello specifico, possono svolgere l’attività di recupero crediti gli avvocati abilitati alla professione, ed iscritti all’apposito albo professionale, che varia in base al luogo di residenza.
La qualifica di base gli conferisce da un lato la possibilità di avviare in autonomia il recupero crediti per via giudiziale e, dall’altro, gli impone il divieto di essere dipendenti di una società di recupero crediti.
Questi operano soltanto in veste di liberi professionisti o come associati a studi professionali, per questo, se e quando, un operatore del recupero credito dovesse presentarsi nelle vesti di avvocato sappiate che è una bugia. Volendo dare credito alle parole dell’operatore, consideratelo al massimo come un laureato in giurisprudenza che non esercita la professione.
Un non avvocato che voglia avviare una società di recupero crediti può farlo, ma deve prima ottenere le necessarie autorizzazioni dalla Questura del luogo dove si ha intenzione di aprire la sede legale della società. Se e quando verranno verificati tutti i requisiti richiesti dalla Legge, e previsti dall’art. 115 del tulps (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza), la società potrà considerarsi costituita.
Cercando di dare una definizione esaustiva ma facile, possiamo dire che:
“Le società di recupero crediti sono delle agenzie a cui privati o uffici pubblici si rivolgono, al fine di ottenere la riscossione di un credito non pagato, da una terza persona. In genere, a richiedere i loro servizi sono aziende grandi (tipo quelle delle telefonia mobile o banche) che non potendo occuparsi da sole dei tanti debitori, preferiscono avvalersi dell’aiuto di queste società, in genere convenzionate o appartenenti al gruppo stesso.”
Il rispetto dei requisiti previsti e dei vincoli fissati è vitale per poter svolgere l’attività. Non ci si può improvvisare professionisti del recupero credito dalla sera alla mattina, anche se qualcuno lo fa.
La crisi economica che in questi ultimi anni ha colpito il nostro paese è, paradossalmente, fonte di lavoro per chi lavora in questo particolare settore. Di conseguenza, molte persone prive di esperienza e delle giuste capacità professionali vi si sono gettate a capofitto, mossi dal miraggio del guadagno facile: ricordiamo che gli operatori guadagnano una percentuale su ogni credito riscosso.
Da qui hanno preso il via non solo attività illecite, avviate senza i dovuti permessi, ma anche dei comportamenti di certo “persuasivi”, ma al di sopra delle libertà riconosciute dalla legge.
Il tutto anche, e soprattutto, a discapito di tutte quelle società di recupero credito che svolgono il proprio lavoro nella legalità, con onestà e serietà.
Per questo è bene conoscere nel dettaglio cosa queste società possono o non possono fare, in modo da potersi difendere.
Come operano le società di recupero crediti?
Dopo aver visto chi può esercitare l’attività di recupero crediti è bene soffermarsi sul COME, le società specializzate possono agire per recurerare un credito insoluto.
Per difendersi dall’azione di recupero bisogna capire quali sono gli strumenti giuridici che hanno a disposizione le società di recupero crediti. L’ordinamento Italiano offre ai soggetti abilitati a recuperare somme di danaro insolute, quattro alternative da utilizzare per intimare al debitore di far fronte ai propri impegni contrattuali:
- La messa in mora
- decreto ingiuntivo
- l’atto di precetto
- Il pignoramento mobiliare o immobiliare.
Ricordiamo ancora una volta che l’attività di recupero del credito è assolutamente legittima e dovuta, deve avvenire nel rispetto della dignità personale del debitore,della sua privacy e della legge in generale.
Vista la loro caratteristica di società private, gli esattori non rivestono il ruolo di pubblico ufficiale, ovvero le loro azioni non comportano conseguenze legali, diversamente da quanto può accadere con gli ufficiali giudiziari. Vediamo le differenze alla base di queste due figure che modificano le conseguenze della loro operatività:
- L’ufficiale giudiziario: al pari di un vigile, di un carabiniere o di un qualsiasi altro dipendente pubblico del Ministero della Giustizia, è da considerarsi pubblico ufficiale: questo vuol dire che ogni offesa a lui arrecata nell’esercizio delle sue funzioni durante l’esecuzione dell’attività di recupero credito, costituisce oltraggio a pubblico ufficiale. A questi la legge riconosce una serie di funzioni molto diverse tra loro. Se bussa alla porta potrebbe essere per consegnare una atto, per avviare un pignoramento, oppure per intimare uno sfratto. Ovviamente, queste ultime due ipotesi non avvengono dall’oggi al domani e, di certo, non prendono di sprovvista il debitore, che di sicuro ha già ricevuto una comunicazione scritta.
- Agente di riscossione del recupero crediti: è un soggetto privato, privo di qualsiasi potere giudiziario, incaricato di riscuotere un debito. Questo dà al debitore una serie di libertà, come quello di non aprire la porta nel caso in cui vi si presenti a casa senza preavviso, che devono essere sempre svolte nei limiti imposti dalla legge: è ovvio che, anche se non parliamo di pubblico ufficiale, assumere atteggiamenti offensivi o violenti può comunque comportare il rischio di incorrere in conseguenze legali. E’ bene tener presente che, nel caso in cui questi si presentino come ufficiali giudiziari o con qualsiasi altra qualifica pur di farsi aprire la porta, sono passivi del reato di “violazione di domicilio”.
Le azioni di recupero credito dunque, possono essere considerate a metà strada tra la riscossione del credito “con le buone” – si pensi alle sollecitazioni avute dal creditore – e l’azione giudiziaria.
Ma, in base a che cosa queste società sono autorizzate ad operare?
Ebbene, in base all’accordo stipulato con il creditore, queste possono essere “delegate” a riscuotere il credito che resta intestato ad un terzo, o diventare titolari veri e propri del credito insoluto da riscuotere.
Le società di recupero credito dunque possono operare sia in forza a un mandato generale, che acquisendo i diritti con la cessione del credito.
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Il Mandato generale alla riscossione del recupero del credito
Quando la società di recupero crediti viene incaricata da un creditore di riscattare quanto gli è dovuto, agendo per nome e per suo conto, vuol dire che la società ha ricevuto un “mandato generale alla riscossione”.
- Il procedimento parte con la comunicazione alla società da parte del creditore, del: nominativo del debitori, le causali di pagamento e ogni altra indicazione utile alla riscossione.
- Autorizzata ad agire, la società contatta con un proprio call center o tramite l’ufficio amministrativo il debitore, intimandogli il pagamento.
- Se il debitore è collaborativo, si può procedere anche ad un accordo per un’eventuale forma di pagamento agevolato.
- Se invece il debitore dovesse rivelarsi ostile, si passa allo step successivo del procedimento, rappresentato dall’invio di una lettera di messa in mora.
Questa potrà essere utilizzata per iniziare un’eventuale procedura presso il tribunale locale ma, affinché possa essere considerata valida dovrà contenere:
- Indicazione del termine entro cui procedere (solitamente 15 o 30 giorni)
- Data di invio della lettera
- Ammontare e data di insorgenza del credito
- Causa del credito
- L’indicazione per esteso, che la società agisce in forza di una delega ricevuta da Tizio, creditore.
- Il tutto spedito tramite raccomandata a/r.
La lettera interrompe la prescrizione.
Nel caso in cui il debitore paghi, la società girerà al creditore il dovuto, trattenendo la sua percentuale.
Se invece il debitore si ostini a non pagare, la società dovrà restituire la gestione del credito entro un determinato periodo di tempo prestabilito. Sarà poi il creditore a decidere se rinnovare il mandato, rivolgersi ad un’altra società, procedere per vie giudiziarie o rinunciare al credito.
Il recupero crediti e la Cessione del credito
Con la cessione del credito il creditore vende, letteralmente, il proprio credito alla società, con una regolare procedura di compravendita: alla somma dovuta dal debitore viene dato un prezzo, in genere inferiore, e viene stipulato un vero e proprio contratto.
Tale procedura viene in genere preferita dal creditore, quando ci sono dei dubbi sulla riscossione di un credito ormai vecchio, al fine di rientrare, almeno in parte, della somma persa.
Si può dire, quasi in maniera ironica, che grazie alla cessione del credito ci guadagnano tutti.
Per comprendere al meglio il concetto è bene fare un esempio:
Mettiamo il caso che, la Banca Tizio, sia titolare di un credito verso Sempronio di €2000, che ha cercato di riscuotere più e più volte senza mai riuscirci. Passato un po’ di tempo la Banca, convinta di non riuscire più a recuperare quei soldi, decide di venderli alla società di recupero crediti Caio. I due si incontrano e stipulano un contratto dove, Caio acquista dalla Banca il credito di €2000 ad un prezzo di €1000, facendo si che la banca recuperi metà dei soldi che era sicura di aver perso.
Ora, sta a Caio recuperare i soldi, in modo da non perderci.
Quindi, un incaricato della società contatta il debitore Sempronio, che si dimostra poco collaborativo.
Per non rischiare di perdere tutto la società, che diventata titolare del debito ha più libertà, lo ricontatta offrendogli un accordo: il pagamento di €1200 a saldo del debito di €2000. Uno sconto considerevole.
Se Sempronio accetta ottiene la regolarizzazione della sua posizione, e quindi una vita più “tranquilla”, ad un prezzo decisamente più basso e conveniente mentre, mentre la società avrà guadagnato € 200 sul prezzo pagato al creditore.
Praticamente vincono tutti.
La cessione del credito può essere pro-soluto, quando il creditore non risponde dell’eventuale non solvibilità del debitore ma si limita a garantire solo l’esistenza del credito, oppure pro-solvendo, quando il cedente del credito risponde anche dell’eventuale impossibilità a pagare del debitore in oggetto, per esempio : nel caso in cui un soggetto X venda ad una società il credito vantato con un soggetto Y, pur essendo a conoscenza della sua posizione di nulla tenente.
Anche nel caso di cessione del credito, quando il recupero crediti invia la lettera di diffida al debitore, deve inviare al debitore una lettera di diffida che rispecchi i criteri elencati per il caso precedente più l’indicazione di cessionario del credito. In poche parole, la società è obbligata a comunicare al debitore che è lei l’intestataria del credito in quanto tale qualifica le permette, in caso di persistente morosità, di agire direttamente in tribunale per il recupero coattivo. E questo cambia di molto le carte in tavola.
Ecco un’esempio di come agisce una Banca: Banca Ifis recupero crediti
Recupero crediti telefonico: tecniche e minacce
Ora passiamo ad analizzare quella che può essere definita una sorta di “sezione a sé” delle società di recupero crediti: i loro call center.
Il contatto telefonico è una delle prime azioni che il recupero crediti compie.
Di solito, la conversazione che si trova ad affrontare è la seguente:
<<Buongiorno, parlo con il signor Tizio? >>
<<Si sono io>>
<< Buongiorno, la chiamo per conto della società di recupero crediti… >>
E il telefono dall’altra parte diventa muto.
Per quanto possa essere una cosa spiacevole per l’operatore, che in fin dei conti cerca solo di fare il suo lavoro, questi deve necessariamente mantenere la calma: sia per una questione di educazione, che per obblighi imposti dalla legge.
Il Garante della Privacy ha infatti redatto una sorta di vadecum che gli operatori dei call center delle società di recupero crediti devono rispettare, onde evitare di finire in guai seri.
Ecco un piccolo riassunto dei comportamenti che possono e non possono tenere:
- È fatto divieto di ricorrere a conversazioni registrate avviate da un operatore. Questa modalità viola il diritto alla privacy del debitore rischiando di rendere pubblica la sua posizione a terzi, che potrebbero rispondere al telefono ascoltando la registrazione
- Devono sempre mantenere la buona educazione.
- Il numero da cui chiamano deve essere visibile
- Le telefonate NON devono essere ripetute in modo assillante: un colloquio al giorno è già considerato fuori misura, e più di tre a settimana rasentano lo stalking. Esistono degli orari che devono essere rispettati, ovvero: dalle 8:30 alle 21 dal lunedì al venerdì, dalle 8:30 alle 15:00 del sabato, per poi tacere dal pomeriggio, per tutta la durata della domenica ed eventuali estivi.
- Gli operatori non possono registrare la telefonata, cosa che invece è permessa al debitore, che può avvalersi della registrazioni in tribunale.
E se il call center non dovesse rispettare i limiti imposti dalla legge? Nelle pagine seguenti le diverse soluzioni.
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Il guadagno delle società di recupero crediti
Gli operatori delle società del recupero crediti molto spesso sono pagati a provvigioni: ovvero tutte le volte che incassano un credito. Questo li può portare ad “esagerare”, assumendo nei confronti dei debitori comportamenti scorretti, che non poche volte hanno portato a conseguenze devastanti.
Si pensi, per esempio, ai soli motivi che hanno portato all’emanazione di una legge dal nome “salvasuicidi”.
In questo capitolo quindi, tratteremo nel dettaglio quali sono i comportamenti della società di recupero crediti da considerare scorretti, e come tutelarsi in caso di necessità.
La linea di confine tra torto e ragione è molto sottile, ed è sempre meglio non rischiare di perdere le proprie ragioni a causa di una parola pronunciata con il tono sbagliato.
Ribadiamo che la maggioranza delle società e degli operatori del recupero crediti svolge il proprio lavoro in modo esemplare ma come si dice: “in ogni buona famiglia ci può essere una pecora nera”.
Cosa fare quando chiama la società di recupero crediti?
Da questo punto di vista è bene sapere che la Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 25033 del 22 giugno 2012 ha stabilito che il creditore il quale soffochi con le sue telefonate il debitore al fine di farlo pagare rischia la condanna per molestie o disturbo delle persone, punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.
A tal fine bisognerà presentare una denuncia-querela, dopo aver ovviamente documentato lo svolgimento delle azioni illecite. A tali documenti sarebbe bene aggiungere certificati medici che attestino eventuali stati di ansia e paura, determinato dalla petulanza e dai generali atteggiamenti scorretti dell’operatore.
Al resto ci penserà il giudice.
Essere in ritardo con i pagamenti è una fonte di stress di per sé, e le chiamate continue del recupero crediti di certo non migliorano la situazione.
Sono in molte le persone che non hanno retto a questo tipo di stress, con conseguenze gravissime sulla salute fisica e psicologica, fino ad arrivare a compiere gesti estremi.
Tutti ricorderanno la famosa legge salvasuicidi, pensata principalmente per porre un freno all’attività di alcuni recupero crediti, riconoscendo ai debitori alcune armi da utilizzare in caso di chiamate moleste:
- Invia una raccomandata A/R alla società di recupero crediti, denunciando il fatto
- Comunica sia al creditore che all’agenzia che preferisci essere contattato esclusivamente per iscritto
- All’ennesima chiamata ripetuta registrala, ed invia il tutto insieme ad una protesta formale al Procuratore Generale e la Commissione Federale del Commercio,.
- Installa dei filtri telefonici o contatta il tuo gestore per attivare la funzione di rifiuto delle chiamate anonime
- Crea sul tuo apparecchio una Whitelist e blocca tutta le altre. La funzione è disponibile sia sui telefoni fissi che mobili
- Al contrario, se hai avuto la possibilità di vedere il numero della società, inseriscilo in una lista nera
- Sul cellulare puoi scaricare una delle applicazioni pensate per bloccare le chiamate dei call center
- Chiedi il nome, cognome, codice fiscale dell’operatore ed i dati della società per cui sta chiamando
- Preparati un discorso che sia simile a: “ Prima di continuare la telefonata, vorrei farle presente la mia volontà a collaborare ma, nel caso in cui dovesse essere aggressivo, o dovesse minacciarmi riaggancerò e non risponderò mai più alle vostre chiamate. Le va bene?” Se dovesse avanzare obiezioni di qualsiasi tipo ripeti il tutto fino a quando non ti risponderà in maniera affermativa.
- Trascrivi la data e l’ora della chiamata, i dati dell’impiego e tutte le informazioni richieste e date.
- Dimostrati collaborativo ma specifica che hai altri debiti, preferibilmente più grandi e impellenti come l’affitto. Una volta chiarito questo, puoi chiedere agevolazioni certe.
- Ricorda di essere educato.
- Non effettuare pagamenti se il debito è scaduto o sta per scadere: rischi di riattivare la pratica e di dover versare di nuovo l’intera cifra.
- Se si rivolgono a te in un modo scorretto chiedi di parlare con un superiore
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Il limite delle società di recupero crediti: come difendersi?
Sull’azione del recupero crediti si sono espresse molte corti, e non sempre il giudizio è risultato essere “uguale”. A fare ordine è intervenuto il Garante per la Privacy, che ha redatto una vera e propria guida contenente i principi e i vincoli ai quali chi svolge il recupero crediti deve uniformarsi, al fine di non ledere quelli che sono i diritti del debitore.
Il punto più importante è rappresentato dal rispetto della dignità personale del soggetto insolvente.
Chi recupera il credito, deve farlo evitando di mettere in atto qualsiasi atteggiamento che possa ledere la riservatezza di quest’ultimo, mettendo in piazza una situazione che, potrebbe essere un semplice momento di difficoltà o addirittura causa di una dimenticanza.
A tal proposito, sono stati espressamente vietati i seguenti comportamenti:
- Gli operatori del recupero credito non possono recarsi a casa o sul luogo di lavoro del soggetto, senza l’assenso di questi e/o aver concordato un appuntamento. Nonostante sia espressamente vietato dalla legge, questo è un comportamento comune e ripetuto, al fine di esercitare pressioni sul debitore.A tale condotta già di per se disonesta, gli esattori aggiungono altri atteggiamenti al limite della denuncia, tra cui: l’uso di minacce o della forza contro il debitore e o congiunto, danneggiamento o minacciare di danneggiamento dei beni di proprietà del debitore, bloccare l’accesso a casa o bloccare il passaggio della persona, entrare in casa se il permesso è stato negato, e non possono rifiutarsi di andarsene.
- Non possono rilasciare informazioni sulla condizione debitoria a terze persone
- Devono essere sempre educati
- Non possono avere contatti non autorizzati con minori di 18 anni
- Anche per i messaggi lasciati in segreteria valgono le stesse regole elencate in precedenza.
- Per quanto riguarda i contenziosi riguardanti la telefonia, come le TV commerciali a pagamento, prima di passare alla vie legali, le compagnie devono necessariamente tentare una conciliazione. In assenza di questa, il recupero crediti non può operare.
- Quando un’agenzia contatta un debitore deve necessariamente presentarsi, e riferire subito per conto di chi e per quale credito sta agendo. Inoltre, il debitore deve sempre contattato da un numero visibile.
- Gli agenti del recupero crediti non possono riferire al debitore informazioni false e/o ingannevoli, al solo fine di intimorirli.
- Non possono minacciare azioni legali, visto che non rientrano nei loro poteri -fatta eccezione del caso in cui siano i titolari del debito- e comunque non possono “ingigantire la cosa”.
- L’operatore, oltre a comunicare il nome della società per cui opera, deve presentarsi con nome e cognome, e assolutamente non può utilizzare titoli inesistenti ( dipendenti della banca, avvocato etc…)
- Illecito è anche telefonare al debitore in luoghi che non corrispondano con la sua residenza.
- Gli esattori del recupero crediti che si presentano alla porta del debitore non possono pretendere che questi gli apra. Essi infatti sono soltanto dipendenti privati e non pubblici ufficiali.
Infine, come riportato all’interno del codice deontologico UNIREC, una delle società recupero crediti più grande d’Italia, gli esattori sono tenuti, fra l’altro, a:
- Non inoltrare comunicazioni scritte o verbali che possano trarre in inganno il debitore.
- Non compiere azioni lesive, nei confronti dell’immagine e/o degli interessi delle aziende mandanti
- Portare a termine gli incarichi previsti all’interno del mandato rispettando quanto previsto dalle norme del codice civile
- Comportarsi sempre in maniera neutra nei confronti del debitore, non facendosi influenzare da pregiudizi di sorta
- Non accettare qualsiasi regalo da parte del debitore
- Non esercitare pressioni indebite o minacce nei confronti del debitore al fine di indurlo al pagamento
- Curarsi del proprio aspetto aspetto esteriore in modo da non mettere in imbarazzo il creditore, sempre contattato durante lo svolgimento della loro vita privata, e presentarsi a questi con la massima discrezione.
- Informare il debitore di tutte le voci che compongono il totale dell’ammontare dovuto, specificando la cifra di tutti, sottolineando le reali conseguenze a cui va incontro in caso di morosità continua
- Non richiedere il pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle indicate dalla Società di recupero;
- Prestare particolare attenzione a non ledere nessuna delle normative riguardanti il recupero crediti, la privacy, l’incoercibilità psichica e fisica personale, l’inviolabilità del domicilio.
Ma come ben sappiamo non tutte le società si muovono nel rispetto della legge.
Trovarsi l’esattore fuori dalla porta di casa non è così raro, ed ecco quindi come comportarsi.
Le principali bugie utilizzate dal recupero crediti per spingerti a pagare
Alcune delle bugie più comuni sono:
-
- “se non paghi rischi il carcere”, non è vero, visto che si tratta di un inadempimento di natura civile, e al massimo si può fare la conoscenza dell’ufficiale giudiziario;
- “se non paghi rischi il fallimento” è un’altra delle bugie più utilizzate, bisogna sempre avviare l’apposita procedura fallimentare, preceduta dal decreto ingiuntivo o dalla sentenza;
- “se non paghi ti pignoriamo lo stipendio, la pensione o i beni a te intestati” non è vero, a meno che il soggetto non abbia già ricevuto un decreto ingiuntivo o altri atti, ed ha comunque la possibilità di difendersi; anche la minaccia dell’arrivo a casa dell’esattore è una bugia, visto che in Italia non esiste una figura atta al recupero di crediti privati. L’unica figura che più si avvicina è quella dell’ufficiale giudiziario, che interviene solo e soltanto dopo una sentenza di condanna o decreto ingiuntivo;
- “se non paghi ti mettiamo la casa all’asta” non è vero perchè non hanno alcuna possibilità di poterlo fare se non dopo aver vinto una causa e fatto un’azione esecutiva, con una procedura complessiva che potrebbe durare anche quasi dieci anni;
- ultima, ma non meno importante, è la minaccia dell’iscrizione alla banca dati Crif, possibile soltanto se il debito è stato contratto con una banca o con una finanziaria.
L’esattore del recupero crediti viene a casa: cosa fare?
L’esattore del recupero crediti può presentarsi a casa del debitore solo se invitato. Ma questo non succede mai, e l’atteggiamento scorretto è incoraggiato dal fatto che il debitore, sentendosi dalla parte del torto, e molto spesso ignorante dei propri diritti, tende a comportarsi in maniera remissiva. Ciò non toglie che, volendo, sia in possibilità di segnalare quanto accaduto all’Autorità per la tutela della privacy e di sporgere denuncia anche all’Autorità giudiziaria.
Ricordiamo che la responsabilità dell atteggiamento scorretto cade sulle spalle di chi lo attua, punibile per legge, ma anche la società a capo di tutto ne paga lo scotto, come anche il creditore. Indi per cui, al fine di risolvere la situazione in maniera più “veloce”, basta scrivere una lettera – che ovviamente deve essere conservata in originale dal debitore – e spedita con raccomandata A/R alla società di recupero crediti. All’interno di questa vanno elencati le proprie generalità, il numero di pratica e la descrizione dell’episodio, diffidando formalmente dal continuare a porre in atto atteggiamenti del genere, che configurano reati di molestie e stalking e riservandosi di agire per il risarcimento danni.
Inoltre, ricordati sempre che chi lavora per il recupero crediti è un semplice cittadino, non può quindi pretendere di entrare. All’atto in cui si rechi presso la vostra abitazione deve presentarsi, specificare per quale agenzia lavora e per quale credito. Di certo non lo farà di sua volontà, quindi ricordatevi di chiedere: sono informazioni che si riveleranno utili in caso di problemi.
Nel caso in cui vi rifiutaste di aprire, l’esattore non può “dare spettacolo”, nel senso che, la legge gli vieta espressamente di attirare l’attenzione su di sé, quindi: niente urla, niente minacce, niente distruzione della proprietà privata. Nel caso in cui attuasse anche solo uno di questi comportamenti siete autorizzati a chiamare la polizia.
In alternativa, vedendosi ignorato, l’esattore potrebbe decidere di affiggere alla tua porta un avviso di mora: NON BUTTARLO.
Stando a quanto stabilito dal Garante della Privacy, questo tipo di comunicazioni non solo deve essere consegnato direttamente nelle mani dell’interessato, ma devono anche essere rigorosamente chiuse in una busta, che presenti solo i dati necessari a far identificare il mittente. I dati personali contenuti alla comunicazione non dovendo assolutamente essere visibili a terze persone e, l’operatore che affligge l’avviso, lo fa passare sotto la porta o lo lascia nella cassetta della posta, è passibile di denuncia per violazione della privacy. Inoltre, stando sempre a quanto stabilito dal Garante della Privacy, la comunicazione non deve riportare minacce di azioni legali, di competenza esclusiva del creditore. Le comunicazioni così redatte vengono considerate al limite del reato di estorsione, e devono essere conservati dal debitore, in quanto costituiscono una prova e sono utilizzabili in giudizio.
Alla base dell’elaborazione da parte del Garante della Privacy del provvedimento di cui abbiamo accennato prima, ci sono le numerose denunce pervenute alle Autorità competenti, riguardanti l’uso illecito dei dati personali da parte delle società di recupero crediti. Nello specifico, veniva lamentato una modalità di ricerca, contatto e sollecitazioni particolarmente moleste, che violavano e in alcuni casi ancora violano, tutti i punti elencati nel precedente paragrafo.
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Per questo il Garante ha dedicato un paragrafo apposito, sottolineando che:
“Non sono ammesse prassi invasive o lesive della dignità personale. Per sollecitare ed ottenere il pagamento di somme dovute non è lecito comunicare ingiustificatamente informazioni relative ai mancati pagamenti ad altri soggetti che non siano l’interessato (es. familiari, colleghi di lavoro o vicini di casa) ed esercitare indebite pressioni su quest’ultimo; non si deve far ricorso a telefonate pre-registrate perché con questa modalità persone diverse dal debitore possono venire a conoscenza di una sua eventuale condizione di inadempienza; è illecita l’affissione di avvisi di mora sulla porta di casa da parte degli incaricati del recupero crediti, modalità questa che rende possibile la diffusione dei dati personali dell’interessato ad una serie indeterminata di soggetti; non si deve rendere visibile a persone estranee il contenuto di una comunicazione, come può accadere con l’utilizzo di cartoline postali o con l’invio di plichi recanti all’esterno la scritta “recupero crediti” o formule simili. E’ necessario, invece, che le sollecitazioni di pagamento vengano portate a conoscenza del solo debitore, usando plichi chiusi e senza scritte specifiche; gli incaricati delle società non possono usare altri dati se non quelli assolutamente necessari all’esecuzione del mandato (dati anagrafici, codice fiscale, ammontare del credito, recapiti telefonici); una volta assolto l’incarico e acquisite le somme, i dati devono essere cancellati.”
Le società di recupero crediti possono infatti utilizzare soltanto alcuni dati personali del debitore, che risultino necessari all’esecuzione dell’incarico, questi sono:
- dati anagrafici;
- codice fiscale e/o partita IVA;
- l’ammontare del credito e le condizioni del pagamento;
- i recapiti, sia telefonici che di residenza, di norma forniti dall’interessato in sede di stipula del contratto al momento oggetto del contenzioso, o comunque facilmente desumibili attraverso internet, elenchi o pubblici registri;
Una volta riscosso il credito tali informazioni devono essere cancellate, ed è fatto divieto alla società di utilizzare qualsiasi altro tipo di dato: ma non sempre tale limite viene rispettato.
Si pensi, per esempio, alle tante volte in cui ad un soggetto in situazione moratoria è capitato di ricevere la visita dell’operatore del recupero crediti sul luogo di lavoro, o alle volte in cui l’attività ha interessato anche terze persone (familiari, conoscenti, parenti o vicini di casa) con modalità tali da metterli al corrente della situazione del soggetto.
Con l’obiettivo di regolarizzare l’attività del recupero crediti in materia di protezione dei dati personali, il Garante della Privacy ha intimato ai titolari del credito di adottare le misure necessarie affinché i principi elencati all’interno del provvedimento siano rispettati, anche se il recupero del credito sia affidato a terzi, permettendo ai soggetti lesi, ovvero ai debitori, di ricorrere all’autorità giudiziaria nel caso in cui:
- un illecito civile, ricorso al giudice con relativo risarcimento danni
- un illecito penale, ovvero in presenza di reati quali molestie e minacce.
Quando il comportamento del recupero crediti diventa stalking?
Lo stalking, come tutti tristemente sappiamo, consiste in un’attività persecutoria messa in atto da un soggetto nei confronti di un’altro. Ad oggi lo stalking è considerato reato, ed è perseguibile dalla legge.
Ti starai chiedendo il perché di questo paragrafo, ebbene, può capitare che alcuni recupero crediti facciano stalking tutte le volte che telefonano ripetutamente o che effettua chiamate minacciose, che ledono lo stato psicologico del debitore, cercando di instaurare stati d’ansia, soggezione o addirittura paura e così via.
Il reato di stalking è regolato dall’articolo 612 bis del codice penale, che prevede con la reclusione chiunque leda la libertà, la privacy, la serenità, l’equilibrio psicologico altrui.
Affinché quello attuato dalla società di recupero crediti possa essere definito stalking, bisogna che: le richieste di contatto corrispondano a determinati requisiti.
Il debitore che volesse quindi dichiararsi vittima di stalking, dovrà fornire delle prove mediche che attestino i suoi stati di squilibrio psichico ( stati d’ansia, disagio etc…) dovuti al comportamento dello stalker, che l’hanno spinto a modificare le sue abitudini di vita. In questo modo si da il via ad una querela nei confronti della società, che dopo un processo penale, può concludersi con il risarcimento dei danni.
Ma esiste anche un’altra strada.
Il debitore vittima di persecuzione telefonica può infatti avvalersi di quanto riportato all’interno dell’articolo 8 del decreto legge 23 febbraio 2009, numero 11, per richiedere al Questore un “richiamo” a carico della società di recupero crediti, responsabile di condotta scorretta.
A tal fine bisognerà compilare un modulo contenente le generalità della società incriminata, quelle dei testimoni, ed eventuali casi di violazione della privacy, tra cui telefonate effettuate in un luogo diverso dal domicilio del debitore.
Inviata la richiesta il Questore provvederà a convocare il presunto stalker e i testimoni richiedendo, nel caso in cui lo reputasse opportuno, ulteriori indagini agli organi investigativi in modo da acquisire ulteriori informazioni.
Una volta analizzati tutti gli elementi, il Questore potrà decidere se rigettare l’istanza, nel caso in cui le prove non fossero considerate sufficienti, o di procedere con il decreto di ammonimento.
Questo potrà comportare la sospensione della licenza per il recupero crediti, e il reato d’ufficio, in poche parole: se gli atteggiamenti scorretti dovessero continuare, il Questore potrà procedere con la denuncia presso la Procura della Repubblica.
Per quanto possa essere il recupero crediti ad attuare i comportamenti illeciti, sicuramente di sua spontanea volontà, agli occhi della legge è ritenuto corresponsabile anche il creditore che se ne è avvalso, in quanto è un suo obbligo vigilare sull’operato dei propri collaboratori.
I diritti del debitore: ecco quali sono anche se non riesci a pagare
Ora che abbiamo le idee più chiare sul come, il quando e il perché una società di recupero crediti operi, è arrivato il momento di soffermarci sui diritti che il debitore può vantare nei confronti di queste. In realtà, abbiamo accennato all’argomento più volte nelle righe precedenti, inserendo qualche informazione qui e lì al fine della salvaguardia del senso lineare del discorso.
Riteniamo quindi opportuno riassumere il tutto in un elenco puntato, che vi aiuti ad avere il tutto a portata di mano, con particolare attenzione ai casi più “gravi”.
Iniziamo:
- Il numero dal quale il call center del recupero crediti chiama deve essere sempre visibile.
- L’operatore deve presentarsi con nome, cognome ed indicando la società per cui opera, evitando di utilizzare dei titoli di cui non dispone.
- Non esiste una legge che fissi gli orari in cui il call center può contattare un debitore MA, il Garante della Privacy ha provveduto a redigere l’elenco di quando NON può chiamare, ovvero: dal sabato pomeriggio al lunedì mattina, festivi, fuori dagli orari ordinari di lavoro. Le telefonate non possono superare il numero di una ogni due giorni, e possono essere effettuate soltanto presso il domicilio del debitore.
- Senza il consenso del soggetto moroso il call center non può registrare la telefonata, mentre il debitore gode di ogni libertà da questo punto di vista.
- L’operatore del recupero crediti, sia telefonico che non, non può utilizzare un linguaggio aggressivo che, se ripetuto, rasenta l’accusa di stalking.
- La privacy riguardante i dati sensibili del debitore deve essere rispettata
- Ancora una volta, nè operatori telefonici né “in carne ed ossa”, possono rivelare a terze persone informazioni riguardanti la situazione debitoria del soggetto.
- Il debitore ha diritto di essere informato sull’eventuale trasferimento della sua pratica sa un recupero crediti all’altro, o della cessione di questa da creditore a recupero crediti
- Vista la qualifica di dipendenti privati, il debitore può rifiutarsi di parlare con gli impiegati del recupero crediti o di aprirgli la porta.
- Possibilità richiedere di un estratto cronologico di conto, dal quale è possibile evincere gli interessi convenzionali, moratori e legali, in modo da poter controllare la correttezza dei calcoli effettuati. Una volta ottenuto il documento è bene sottoporlo al controllo di uno specialista, che potrà accertare che non ci sia traccia di anatocismo, usura o altre anomalie o addirittura errori di calcolo.
Qualora l’operatore superi uno di questi limiti fissati dalla legge, va incontro a delle conseguenze civili e penali di una certa caratura.
Cosa può pignorare una società di recupero crediti?
Abbiamo già detto che il recupero crediti non può pignorare nulla ma nel caso in cui non si trovasse un accordo e si dovesse fare e perdere la causa con la banca e/o la finanziaria potrebbero pignorare tutti i beni del debitore, con esclusione di alcuni beni ritenuti necessari dalla legge tra cui alcuni mobili di casa (ad esempio il letto, le sedie, il frigorifero ecc…) ed i beni necessari per lavorare.
Raramente si arriva a questo tipo di azioni perché le banche cercano di pignorare:
- il quinto dello stipendio
- il conto corrente
- l’auto
- la casa
- beni di valore (ad esempio quadri ecc…)
Per arrivare al pignoramento è necessario prima procedere alla notifica del decreto ingiuntivo. Il debitore ha 40 giorni per opporsi. In caso di mancata opposizione o di concessione della provvisoria esecutorietà da parte del giudice, la banca notificherà l’atto di precetto e successivamente potrà effettuare il pignoramento.
Se ci si oppone al decreto ingiuntivo andando a sollevare soprattutto la presenza di anomalie bancarie, è possibile che la causa possa durare anche dai tre ai cinque anni.
Come tutelarsi dalla società di recupero credito?
Per potersi tutelare dalle società di recupero crediti è necessario in primis conoscere tutte le cose dette all’interno dell’articolo. La conoscenza in questi casi è l’arma principale. Ci sono varie soluzioni che possono essere adottare al fine di risolvere definitivamente il problema del mancato pagamento dei propri debiti.
Prima di elencare le possibili soluzioni, ti dico qual è la nostra procedura che ci ha portato a chiudere migliaia di posizioni e ad aiutare tantissime aziende e famiglie:
- è necessario valutare la documentazione dei finanziamenti e se vuoi chiudere il tuo debito definitivamente con la possibilità di avere una riduzione, ed evitare il decreto ingiuntivo, la situazione economica complessiva in cui ti trovi ed i tuoi obiettivi
- Si passa poi, come detto, alla verifica dell’esistenza di anomalie contrattuali e, nel caso ci siano, si dovrà effettuare una perizia e subito inviare la contestazione tramite diffida.
- Attendiamo poi la risposta della banca o della finanziaria in questione, che arriva entro 90 giorni.
In funzione di questa risposta e della strategia delineata, si decide tra attivare una mediazione o attendere la prima mossa della banca.
Durante questo arco di tempo sarai contattato da un’agenzia di recupero crediti, che come specificato nel paragrafo dedicato, non ha potere decisionale ai fini di una trattativa a saldo e stralcio ma solo intimidatorio.
Quindi è bene cercare di ridurre al minimo i contatti.
In seguito alla decadenza del beneficio del termine e la messa a sofferenza del credito, si potrà chiudere la posizione in questo modo:
- sarà poi possibile chiudere a stralcio, con uno sconto.La soluzione che in genere consigliamo è quella del pagamento in un’unica soluzione, o al massimo dilazionata in 12 o 24 mesi.
- Nel caso in cui non avessi disponibilità economica potrai rinegoziare il debito riducendo in maniera importante le rate mensili e magari ottenendo anche un risparmio sul debito presunto.
- Opporti al decreto ingiuntivo in caso di azione giudiziaria della banca e/o della finanziaria. In questo caso, contestando i requisiti del credito, generalmente una causa dura dai 3 ai 5 anni per il primo grado. Nelle more del giudizio sarà ancora possibile chiudere a stralcio o rinegoziare.
- fare istanza di sovraindebitamento attraverso la legge 3/2012 nel caso ci siano i presupposti.
Raffaele
Risoluzione controversia con recupero crediti.