Questa guida sulla Legge 3 è scritta, revisionata, aggiornata e pubblicata il 28 Febbraio 2025 dall’Avvocato Francesco Cacciola. Ti offro una spiegazione chiara di cosa sia la legge 3 e di come possa aiutare a risolvere la crisi da sovraindebitamento. Questa normativa, introdotta nel 2012 e talvolta chiamata legge salva suicidi o legge anti suicidi, permette di affrontare situazioni in cui un debitore – persona fisica o soggetto non fallibile – si ritrova in una condizione di pesante squilibrio economico. Attraverso specifiche procedure, come l’accordo di composizione della crisi o il piano del consumatore, la legge 3 del 2012 offre la possibilità di ristrutturare i debiti, ridurli o stabilire piani di pagamento sostenibili. Grazie a questo strumento, spesso definito anche legge sul sovraindebitamento, il debitore può trovare una via di uscita concreta e legalmente tutelata dalla spirale dei debiti.

Quando si entra in difficoltà con mutui, finanziamenti o cartelle esattoriali di enti pubblici come Equitalia, la legge 3/2012 consente di ricorrere a procedimenti di ristrutturazione del debito, chiamati anche procedure di sovraindebitamento, per evitare il peggioramento del proprio quadro finanziario. Questo vale sia per i consumatori, ossia persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi non professionali, sia per soggetti che non possono essere dichiarati falliti (ad esempio liberi professionisti o piccoli imprenditori). Se ne parla spesso anche in correlazione ai problemi di crisi economica del 2011 e del 2012, periodi in cui molte famiglie e microimprese si sono trovate in situazioni di insolvenza e di conseguente difficoltà, arrivando talvolta a considerare gesti estremi. L’innovazione introdotta dalla n 3, inoltre, consente di accedere alla procedura di esdebitazione con la quale, una volta soddisfatti gli obblighi stabiliti dal tribunale, si può ottenere l’estinzione totale o parziale dei debiti residui.

  • Perché è importante la legge 3?
    • Offre una soluzione legale a chi non riesce più a pagare i debiti.
    • Permette una ristrutturazione dei debiti con il consenso dei creditori.
    • Prevede la figura dell’organismo di composizione della crisi per supportare il debitore.
    • Conduce all’esdebitazione, liberando dal peso degli importi residui.


Nel prossimo paragrafo si approfondisce come funziona nel concreto la procedura di sovraindebitamento regolata dalla legge 3, illustrando i vari passaggi da compiere per intraprendere il percorso di composizione della crisi da sovraindebitamento e quali vantaggi pratici può offrire questa normativa.

Procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento con la legge 3

Intendo spiegarti i principali step di funzionamento della procedura di sovraindebitamento prevista dalla legge 3, comunemente detta legge 3/2012 o legge salva suicidi. Innanzitutto, chi si trova in una situazione di crisi da sovraindebitamento – cioè con debiti eccedenti le proprie reali capacità di pagamento – ha la possibilità di depositare un’istanza presso il tribunale competente. Per farlo, è possibile avvalersi dell’assistenza di un organismo di composizione della crisi (OCC) o di un professionista nominato dal tribunale. Questo soggetto svolge un ruolo essenziale, poiché si occupa di predisporre la proposta di ristrutturazione dei debiti (ad esempio un piano del consumatore o un accordo di composizione della crisi) e di verificare i presupposti di legge.

La procedura, detta anche procedura di esdebitazione o procedura di esdebitamento, prevede la raccolta di tutta la documentazione relativa ai debiti e al patrimonio del debitore. È fondamentale elencare in modo esauriente i creditori, gli importi dovuti, gli eventuali beni e redditi disponibili, allo scopo di proporre un piano di pagamenti commisurato alle effettive possibilità economiche. Se i creditori accettano la proposta, e il tribunale la omologa, si avvia un percorso che può culminare con la liberazione definitiva dai debiti residui. In alcuni casi, come nel piano del consumatore, non è nemmeno necessario il consenso di tutti i creditori, purché il giudice ritenga che la soluzione sia più vantaggiosa della liquidazione dei beni. Oltre a garantire una protezione dal proseguimento di procedure esecutive individuali, questa legge 3 impedisce ai creditori di iniziare nuove azioni che possano aggravare la situazione del debitore.

  • Elementi chiave della procedura:
    • Deposito di una proposta presso il tribunale;
    • Possibile nomina di un organismo di composizione della crisi o di un professionista;
    • Ristrutturazione o liquidazione del patrimonio;
    • Eventuale esdebitazione e riacquisizione della serenità economica.


Nel prossimo paragrafo, vedrai più nel dettaglio quali sono i requisiti necessari per essere ammessi alla procedura di sovraindebitamento prevista dalla legge 3 del 2012, incluse le condizioni di meritevolezza e di affidabilità richieste per accedere alle tutele di questa normativa.

Quali sono i requisiti della legge 3 del 2012 per superare il sovraindebitamento?


I requisiti per accedere alle opportunità offerte dalla legge 3 del 2012 – conosciuta anche come legge antisuicidi – riguardano principalmente la condizione di sovraindebitamento e la buona fede del debitore. È essenziale dimostrare di trovarsi in un perdurante squilibrio tra le somme dovute e le reali possibilità di adempiere alle obbligazioni contratte. Questa condizione va ben oltre la semplice difficoltà a pagare una rata: implica l’impossibilità sostanziale di far fronte a tutti i debiti con il proprio patrimonio, anche liquidandolo interamente. Il soggetto, inoltre, non deve rientrare nelle ordinarie procedure concorsuali, come il fallimento, e non deve aver già fruito dei benefici della legge n. 3 in un periodo troppo ravvicinato (di norma, non deve aver ottenuto una pronuncia di esdebitazione da meno di cinque anni).

La meritevolezza è un concetto fondamentale. Il debitore deve dimostrare di non aver assunto obbligazioni con dolo o colpa grave, di non aver contratto debiti consapevolmente oltre le proprie capacità e di non aver falsificato documenti per ottenere prestiti. Se si verifica l’accesso alla procedura di sovraindebitamento, il tribunale e l’organismo di composizione della crisi valutano la storia del debitore, i suoi introiti e le spese necessarie al sostentamento della famiglia, così da verificare l’assenza di azioni fraudolente o distrazioni patrimoniali. Esistono poi specifiche regole per il piano del consumatore, che tutela particolarmente chi ha contratto debiti per ragioni personali o familiari, escludendo finalità imprenditoriali. Qui, l’assenza di colpa è un requisito indispensabile per vedere omologato il piano, persino se i creditori non sono tutti concordi.

  • Requisiti comuni:
    • Stato di sovraindebitamento conclamato;
    • Non rientrare nelle procedure concorsuali classiche;
    • Non aver ottenuto un’esdebitazione nei cinque anni precedenti;
    • Non aver agito con frode o colpa grave nell’assunzione di debiti.


Nel prossimo paragrafo, verrà illustrato come avviare concretamente la procedura di esdebitazione con la legge 3, soffermandosi sugli adempimenti pratici, sui tempi di approvazione e sulle principali figure professionali coinvolte, come gli organismi di composizione della crisi.

Come si avvia una procedura di esdebitazione con la legge 3?

Per avviare una procedura di esdebitazione con la legge 3 – detta anche legge salva debiti o legge del sovraindebitamento – occorre presentare un’istanza dettagliata al tribunale territorialmente competente, generalmente quello del luogo in cui si ha la residenza o la sede principale delle proprie attività. Questo passo iniziale richiede la preparazione di un dossier completo in cui inserire: l’elenco dei creditori, l’importo dei debiti, i documenti che provano le ragioni creditorie, la descrizione del proprio patrimonio, le dichiarazioni dei redditi e tutte le informazioni in grado di dimostrare la reale condizione di crisi. È determinante la presenza di un professionista o di un organismo di composizione della crisi (spesso abbreviato in OCC), che svolge il ruolo di mediatore tra il debitore e i creditori, garantendo la trasparenza delle operazioni.

Una volta depositata la documentazione, il giudice esamina la sussistenza dei requisiti crisi da sovraindebitamento e la meritevolezza del debitore. Se le condizioni sono soddisfatte, il tribunale fissa un’udienza per discutere la proposta di accordo di composizione o il piano del consumatore. L’obiettivo è trovare un’intesa con i creditori che, se accettata e omologata, permette di bloccare le azioni esecutive individuali come pignoramenti o ipoteche aggiuntive. In più, non possono essere avviate nuove procedure che aggravino il debito, permettendo così al debitore di iniziare un percorso di rientro controllato. Talvolta, nei casi più gravi, è prevista la liquidazione del patrimonio, una forma di procedura concorsuale minore che conduce comunque a una liberazione parziale o totale dai debiti residui dopo la conclusione della liquidazione.

  • Fasi centrali di avvio:
    • Raccolta della documentazione economico-patrimoniale;
    • Deposito dell’istanza in tribunale;
    • Intervento dell’organismo di composizione della crisi;
    • Esame di omologazione del piano o dell’accordo;
    • Protezione e sospensione delle azioni esecutive in corso.


Nel paragrafo che segue, si analizzeranno i possibili sviluppi una volta ottenuta l’omologazione del piano o dell’accordo, illustrando quali siano i passi successivi e le prospettive future offerte dalla legge 3 per chi desidera ricostruire la propria stabilità finanziaria e risolvere definitivamente la crisi da sovraindebitamento.

Passi successivi e prospettive future dopo l’accesso alla legge 3


Dopo aver ottenuto l’omologazione del piano del consumatore o dell’accordo di composizione della crisi, il passo cruciale è rispettare con costanza le condizioni stabilite dal tribunale. In questo modo, entro i termini previsti, si può giungere all’esdebitazione sovraindebitamento, che rappresenta la chiusura definitiva della posizione debitoria non più sostenibile. Rispettando il piano di pagamento o le altre clausole indicate, si ottiene la liberazione dai debiti residui, sollevando così il debitore dall’obbligo di dover corrispondere gli importi che eccedono la parte coperta dalla procedura. È un percorso che, se gestito correttamente, permette di riacquisire stabilità economica e proteggere i diritti del debitore da eventuali pressioni esecutive future.

In questa fase, l’organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento o il professionista nominato dal giudice continuano a vigilare sull’esatto adempimento di tutte le clausole concordate. L’attenzione non si limita alle rate o ai versamenti pianificati, ma può riguardare anche la corretta gestione del patrimonio, comprese le eventuali cessioni di beni o il monitoraggio di nuovi redditi che dovessero emergere nel frattempo. Alcuni creditori potrebbero tentare di far valere eccezioni o presentare nuove istanze, ma la legge 3 del 2012 testo aggiornato stabilisce procedure e tutele ben precise che consolidano i risultati raggiunti, evitando il ritorno a una situazione di indebitamento insostenibile. Gli sviluppi successivi possono riguardare anche la cancellazione dalle banche dati dei cattivi pagatori, favorendo la possibilità di accedere nuovamente a servizi finanziari in modo trasparente. L’intero iter, spesso indicato come procedura di sovraindebitamento legge 3/2012, è particolarmente attuale e discusso anche nelle ricerche correlate con termini come tre.it o h3g.it, benché questi rimandi servano unicamente a identificare risorse di consultazione.

  • Risultati finali più comuni:
    • Riconquista della serenità economica personale o familiare;
    • Possibile cancellazione dei debiti residui;
    • Rimozione di vincoli giudiziari o pignoramenti gravanti sul patrimonio;
    • Riabilitazione finanziaria e nuova possibilità di credito.


Questi risultati concludono il percorso previsto dalla legge 3/2012, offrendo una prospettiva concreta a chi si trova in condizioni di sovraindebitamento. L’esperienza mostra che, dopo aver completato la procedura con successo, il debitore può avviare un nuovo capitolo della propria vita finanziaria, lontano dalla morsa di crediti insostenibili.

Art 1 Legge 3 2012

Il primo comma della Legge 3 interviene sull’articolo 14 della legge 7 marzo 1996, n. 108 (in materia di usura) e introduce alcune modifiche volte, in sintesi, ad ampliare la possibilità di ottenere i mutui a tasso zero dal Fondo di solidarietà anche a imprenditori dichiarati falliti. Più nel dettaglio:

  • Viene inserito il comma 2-bis, secondo cui l’imprenditore fallito può accedere ai mutui se ottiene un provvedimento favorevole del giudice delegato al fallimento e non ha riportato condanne definitive per determinati reati (in particolare, i reati elencati nel titolo VI del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, e alcune altre tipologie di delitti contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica, il patrimonio e l’economia pubblica).
  • Si chiarisce che le somme così erogate non confluiscono nella massa fallimentare e sono vincolate all’utilizzo previsto dalla legge per la vittima di usura.
  • Viene inoltre abbassata la soglia di ostacolo per l’accesso ai mutui solo in presenza di sentenze o misure particolarmente gravi (o di procedure pendenti per reati gravi), stabilendo al contempo che il giudice possa sospendere l’erogazione in caso di nuove contestazioni.

In sostanza, il primo comma apre la possibilità, a chi è stato vittima di usura ma è stato dichiarato fallito, di ottenere comunque il mutuo senza interessi a condizione di non avere condanne definitive per reati considerati ostativi e di avere il via libera del giudice delegato. Tutto ciò allo scopo di favorire la ripresa economica delle vittime di usura, anche se colpite da un fallimento.

Art 2 Legge 3 2012

L’articolo 2 della Legge 3 interviene sulla legge 23 febbraio 1999, n. 44 (che disciplina il Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive e dell’usura) apportando modifiche in quattro punti principali:

  1. Possibilità di elargizione al soggetto fallito (modifiche all’art. 3)

    • Viene estesa anche ai soggetti dichiarati falliti la possibilità di ricevere l’elargizione prevista per le vittime di estorsione, purché non abbiano condanne (né siano imputati) per reati fallimentari gravi o contro il patrimonio e l’economia pubblica.
    • Le somme percepite non vengono attribuite alla massa fallimentare. Tuttavia, il ricavato netto è in parte destinato al curatore fallimentare (nella misura della metà) e in parte (l’altra metà) deve essere reinvestito in attività produttive.
  2. Nuovo articolo 18-ter – Sostegno degli enti locali alle attività economiche a fini antiestorsivi

    • Si introduce la facoltà, per gli enti locali, di esonerare o rimborsare (anche solo parzialmente) i tributi, le tariffe e i canoni di propria competenza nei confronti di soggetti che siano vittime di richieste estorsive.
    • L’obiettivo è agevolare la ripresa o la prosecuzione delle attività imprenditoriali danneggiate da fenomeni estorsivi, rispettando comunque i vincoli di bilancio e gli obiettivi di finanza pubblica.
  3. Composizione del Comitato di solidarietà (modifiche all’art. 19)

    • Viene modificato il numero e la designazione dei membri delle associazioni od organizzazioni iscritte nell’elenco di cui all’articolo 13 della legge n. 44/1999. Ora, la nomina di tali componenti avviene su designazione degli organismi associativi maggiormente rappresentativi, in base a criteri stabiliti dal Ministro dell’interno su proposta del Commissario straordinario del Governo.
  4. Sospensione dei termini e procedure esecutive (modifiche all’art. 20)

    • Si chiarisce che le sospensioni dei termini (fiscali, amministrativi ed esecutivi) previste per le vittime di estorsione decorrono a seguito di un provvedimento del pubblico ministero competente.
    • Viene istituito un nuovo obbligo per il prefetto, che deve segnalare al pubblico ministero l’elenco delle procedure esecutive in corso contro chi richiede l’elargizione, così da coordinare il giudice o i giudici dell’esecuzione interessati.
    • Nel caso di debiti verso l’erario o gli enti previdenziali/assistenziali, non vengono applicate sanzioni dal momento in cui si è verificato l’evento lesivo fino al termine delle sospensioni previste.

Legge 3 art. 3

L’articolo 3 della Legge 3 modifica il comma 881 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), precisando che i confidi (consorzi di garanzia collettiva fidi) possono incorporare nelle proprie risorse patrimoniali, “senza vincoli di destinazione”, i fondi rischi e gli altri fondi o riserve derivanti da contributi pubblici, ad eccezione di quelli disciplinati dal DPR 11 giugno 1997, n. 315. Per questi ultimi (soggetti di cui all’articolo 2 del DPR 315/1997), infatti, permangono i vincoli stabiliti dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 (legge antiusura).

In pratica:

  • I confidi normalmente possono destinare liberamente al capitale sociale o al fondo consortile le risorse ricevute dallo Stato o da enti pubblici.
  • Resta però fuori da questa liberalizzazione un particolare tipo di confidi, ossia coloro che, per effetto del DPR 315/1997, agiscono nell’ambito della prevenzione dell’usura secondo la legge 108/1996. Questi ultimi devono continuare a rispettare gli originari vincoli di destinazione delle risorse, pensati per garantirne l’uso esclusivo a fini di contrasto all’usura.

Legge 3 art. 4

L’articolo 4 della Legge 3 incide sull’articolo 629 del codice penale, che disciplina il reato di estorsione, aumentando l’ammontare delle sanzioni pecuniarie previste. In particolare:

  • Primo comma: la precedente sanzione pecuniaria, compresa tra un minimo di 516 euro e un massimo di 2.065 euro, passa ora a una multa che va da 1.000 a 4.000 euro.
  • Secondo comma: in caso di circostanze aggravanti (come quelle riportate nell’ultimo capoverso dell’articolo 628 c.p.), la multa passa da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 15.000 euro (prima era da 1.032 a 3.098 euro).

La finalità è aumentare la deterrenza nei confronti dei comportamenti estorsivi, inasprendo sensibilmente le pene pecuniarie collegate alla reclusione.

Legge 3 art. 5

L’articolo 5 della Legge 3 interviene sull’articolo 135, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (il cosiddetto Codice dei contratti pubblici), introducendo anche i reati di usura e di riciclaggio tra le cause che possono comportare la risoluzione del contratto. In sostanza, se l’appaltatore subisce una condanna definitiva per usura o per riciclaggio (in aggiunta alle altre ipotesi già previste, come frodi e violazioni in materia di sicurezza sul lavoro), la stazione appaltante, su proposta del responsabile del procedimento, può recedere dal contratto in corso.

Art. 6 della legge 3/2012: finalità e definizioni

L’articolo 6 della legge 3/2012 introduce i principi fondamentali per gestire le situazioni di sovraindebitamento di coloro che non possono accedere alle normali procedure concorsuali, come il fallimento. Il suo scopo principale è permettere a chiunque si trovi in un perdurante squilibrio tra debiti e risorse di giungere a un accordo con i creditori o, qualora la persona sia un consumatore, di proporre un piano specifico (il cosiddetto “piano del consumatore”). In questo contesto, la norma stabilisce due concetti chiave. Da un lato, definisce lo “sovraindebitamento” come una condizione in cui il debitore non riesce, in modo rilevante o definitivo, a far fronte alle obbligazioni assunte con il proprio patrimonio rapidamente liquidabile. Dall’altro, chiarisce la figura del “consumatore”, ossia la persona fisica che contrae obbligazioni per scopi estranei a un’eventuale attività imprenditoriale o professionale, persino quando possieda quote societarie, a patto che i debiti in questione siano legati esclusivamente alla sfera personale. La finalità dell’articolo è, dunque, favorire una soluzione concordata con i creditori, senza ricorrere alle procedure concorsuali ordinarie che sono riservate, ad esempio, alle imprese soggette a fallimento. In questo modo, il legislatore vuole evitare che il debitore, privo di strumenti di tutela, cada in forme di insolvenza irreversibile o, peggio, nella morsa dell’usura. Infine, l’articolo 6 precisa che tali disposizioni si applicano non solo alle nuove istanze presentate dopo l’entrata in vigore dei decreti di modifica, ma anche – in forza di successivi interventi legislativi – alle procedure già pendenti, ampliando così la possibilità di accedere a soluzioni efficaci per la ristrutturazione o il risanamento dei debiti.

Presupposti per accedere alla procedura di sovraindebitamento: Art 7 della Legge 3

L’articolo 7 della Legge 3/2012 stabilisce le condizioni che un debitore deve rispettare per poter accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Proposta di accordo o piano del consumatore

Il debitore in difficoltà economica può presentare:

  • Un accordo con i creditori, valido per chi svolge un’attività economica o professionale, che prevede un piano di pagamento con rate e garanzie, rispettando le tutele per i creditori privilegiati (ad esempio, con pegno o ipoteca).
  • Un piano del consumatore, riservato a chi ha debiti personali e non imprenditoriali, che può essere approvato senza il consenso della maggioranza dei creditori.

Entrambe le soluzioni devono essere supportate da un organismo di composizione della crisi (OCC).

Condizioni per l’ammissibilità

L’accordo o il piano devono contenere:

  • Scadenze e modalità di pagamento, anche suddividendo i creditori in classi.
  • Eventuali garanzie per i creditori.
  • La possibilità di affidare la gestione dei beni a un professionista nominato dal giudice, che provvederà alla liquidazione per ripagare i creditori.

Cause di inammissibilità

Il debitore non può accedere alla procedura se:

  • È già soggetto ad altre procedure concorsuali (es. fallimento).
  • Ha già usufruito della procedura nei cinque anni precedenti.
  • Ha subito la revoca o l’annullamento di un precedente accordo per cause a lui imputabili.
  • Non ha fornito documentazione sufficiente per ricostruire la propria situazione economica.
  • Ha già ottenuto due volte l’esdebitazione.
  • Nel caso del piano del consumatore, ha causato il sovraindebitamento con colpa grave, frode o malafede.
  • Nel caso dell’accordo con i creditori, ha commesso atti fraudolenti per sottrarre beni ai creditori.

Estensione ad altre categorie

Anche gli imprenditori agricoli possono accedere alla procedura, purché rispettino i requisiti richiesti.
Nel caso delle società di persone, l’accordo di composizione della crisi produce effetti anche per i soci a responsabilità illimitata.

L’articolo 7, quindi, chiarisce chi può accedere alla procedura di sovraindebitamento e quali condizioni devono essere rispettate, garantendo equilibrio tra la tutela del debitore e quella dei creditori.

Art 7-bis Legge 3: procedure familiari

L’articolo 7-bis della Legge 3/2012 introduce la possibilità per i membri di una stessa famiglia di presentare un’unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, semplificando la gestione del debito quando esiste un’origine comune del problema finanziario o quando i soggetti sono conviventi.

Chi può accedere alla procedura familiare?

Possono presentare una procedura unica:

  • Il coniuge o i conviventi di fatto (inclusi quelli legati da unione civile, secondo la Legge 76/2016).
  • I parenti fino al quarto grado (es. fratelli, zii, cugini).
  • Gli affini fino al secondo grado (es. suoceri, cognati).

Come funziona la procedura?

  • Pur presentando un’unica richiesta, i beni e i debiti di ciascun familiare rimangono distinti.
  • Se più membri della stessa famiglia avviano singolarmente la procedura di composizione della crisi, il giudice coordina le richieste per garantire un trattamento uniforme.
  • Il primo tribunale adito diventa competente per gestire l’intera procedura.

Costi della procedura

Il compenso per l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) viene ripartito tra i membri della famiglia in proporzione ai debiti di ciascuno.
Se uno dei debitori non è un consumatore (ad esempio, un imprenditore), la procedura segue le regole dell’accordo di composizione della crisi.

Aggiornamento Normativo

Con il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176, si è stabilito che questa disposizione si applica anche alle procedure già in corso al momento dell’entrata in vigore della legge di conversione.

In sintesi, l’articolo 7-bis facilita la gestione del sovraindebitamento per le famiglie, permettendo loro di affrontare insieme la crisi finanziaria pur mantenendo distinte le rispettive posizioni economiche.

Art. 8 Legge 3: contenuto dell’Accordo o del Piano del Consumatore

L’articolo 8 della Legge 3/2012 definisce le modalità con cui il debitore può proporre un accordo con i creditori o un piano del consumatore per la ristrutturazione dei debiti, specificando gli strumenti e i requisiti necessari per garantire la fattibilità della proposta.

Strumenti di ristrutturazione dei debiti

Il piano o l’accordo può prevedere diverse soluzioni per il pagamento dei creditori, tra cui:

  • Dilazione dei pagamenti, con scadenze e modalità definite.
  • Cessione di crediti futuri, per garantire risorse destinate al rimborso del debito.
  • Ristrutturazione di prestiti con cessione del quinto, inclusi quelli legati a stipendi, trattamenti di fine rapporto o pensioni.
  • Continuità del pagamento del mutuo ipotecario sulla casa principale, purché il debitore sia in regola con le rate o ottenga l’autorizzazione del giudice a saldare gli arretrati.
  • Nel caso di attività d’impresa, possibilità di proseguire il pagamento delle rate su beni strumentali ipotecati, se si dimostra che la loro liquidazione coprirebbe interamente il credito.

Garanzie e soggetti coinvolti

Se il debitore non dispone di risorse sufficienti, il piano o l’accordo devono essere garantiti da terzi che si impegnano a fornire beni o redditi per rendere il piano attuabile.
Per gli imprenditori, anche consorzi fidi e intermediari finanziari possono offrire garanzie. Inoltre, le associazioni antiracket e antiusura possono contribuire al recupero del sovraindebitamento, regolando il rimborso all’interno della proposta.

Limitazioni e moratoria

Il piano o l’accordo possono prevedere restrizioni all’accesso al credito, all’uso di strumenti di pagamento elettronici o alla sottoscrizione di nuovi finanziamenti.
Se previsto, è possibile ottenere una moratoria fino a un anno per il pagamento dei creditori con privilegio, pegno o ipoteca, a meno che non si proceda alla liquidazione dei beni in garanzia.

Aggiornamenti normativi

  • Con il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, le disposizioni dell’articolo 8 si applicano ai procedimenti iniziati 30 giorni dopo l’entrata in vigore della legge di conversione.
  • Con il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176, le nuove regole si estendono anche alle procedure già pendenti.

In sintesi, l’articolo 8 definisce il contenuto dell’accordo o del piano del consumatore, specificando come possono essere strutturati i pagamenti, chi può offrire garanzie e quali limitazioni possono essere applicate al debitore.

Come depositare la proposta: art. 9 della legge 3

L’articolo 9 della Legge 3/2012 disciplina il deposito della proposta per avviare la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, stabilendo chi deve presentarla, quali documenti allegare e le tempistiche da rispettare.

Dove si deposita la proposta?

  • L’accordo di ristrutturazione dei debiti va depositato presso il tribunale del luogo di residenza o della sede principale del debitore.
  • Il piano del consumatore deve essere presentato al tribunale del luogo di residenza del consumatore.

Contestualmente al deposito in tribunale (o comunque entro tre giorni), l’organismo di composizione della crisi (OCC) deve trasmettere la proposta all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, per verificare la posizione fiscale del debitore ed eventuali contenziosi in corso.

Documenti necessari per il deposito

Il debitore deve allegare alla proposta:

  • L’elenco di tutti i creditori, con l’importo dovuto a ciascuno.
  • L’elenco di tutti i beni del debitore e degli atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni.
  • Le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni.
  • L’attestazione sulla fattibilità del piano o accordo.
  • L’elenco delle spese necessarie per il sostentamento proprio e della famiglia, corredato dallo stato di famiglia.

Se il debitore è un imprenditore, deve depositare anche le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, accompagnate da una dichiarazione che ne attesti la conformità agli originali.

Relazione dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC)

Per garantire la trasparenza e la fattibilità della proposta, l’OCC deve redigere una relazione dettagliata, che include:

  • Le cause dell’indebitamento e il grado di diligenza del debitore nell’assumere gli obblighi.
  • Le ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere ai pagamenti.
  • La valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione fornita.
  • La stima dei costi della procedura.
  • Nel caso del piano del consumatore, la verifica se il soggetto finanziatore abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore prima di concedere il prestito.

Se il debitore propone un accordo di composizione della crisi, la relazione deve anche indicare:

  • L’esistenza di eventuali atti del debitore impugnati dai creditori.
  • La convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria.
  • La percentuale, le modalità e i tempi di pagamento dei creditori.
  • I criteri di eventuale suddivisione dei creditori in classi.

Possibilità di integrazione e sospensione degli interessi

  • Il giudice può concedere fino a 15 giorni per integrare la proposta o fornire nuovi documenti.
  • Con il deposito della proposta, il corso degli interessi convenzionali o legali viene sospeso, salvo che i crediti siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio.

Aggiornamenti normativi

  • D.L. 18 ottobre 2012, n. 179: stabilisce che l’articolo si applica ai procedimenti iniziati 30 giorni dopo l’entrata in vigore della legge di conversione.
  • D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176: estende l’applicazione delle disposizioni anche alle procedure già pendenti.

In sintesi, l’articolo 9 stabilisce le regole per il deposito della proposta, definendo gli obblighi documentali e il ruolo dell’OCC per garantire la fattibilità della ristrutturazione del debito, assicurando trasparenza e tutela per creditori e debitore.

Procedimento per l’accordo di ristrutturazione del debito: art. 10 della legge 3

L’articolo 10 della Legge 3/2012 stabilisce il procedimento che deve essere seguito dopo il deposito della proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti o del piano del consumatore, regolando le modalità con cui il giudice fissa l’udienza, informa i creditori e sospende eventuali azioni esecutive contro il debitore.

Fissazione dell’udienza e comunicazioni ai creditori

  • Il giudice verifica che la proposta soddisfi i requisiti previsti dagli articoli 7, 8 e 9.
  • Se la proposta è idonea, il giudice emette un decreto con cui fissa immediatamente un’udienza.
  • I creditori devono essere informati almeno 30 giorni prima dell’udienza tramite raccomandata, telegramma, fax o posta elettronica certificata (PEC).
  • L’udienza deve svolgersi entro 60 giorni dal deposito della documentazione.

Effetti del decreto del giudice

Con il decreto, il giudice dispone:

  1. Pubblicità della proposta: deve essere resa nota con forme adeguate, e se il proponente è un’impresa, deve essere pubblicata nel Registro delle Imprese.
  2. Trascrizione del decreto: se il piano prevede la vendita o la gestione di beni immobili o mobili registrati (es. auto), l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) deve trascrivere il decreto presso gli uffici competenti.
  3. Blocco delle azioni esecutive: fino a quando l’accordo non diventa definitivo:
    • Nessun creditore può iniziare o proseguire azioni esecutive individuali (es. pignoramenti).
    • Non possono essere disposti sequestri conservativi sui beni del debitore.
    • Non possono essere acquisiti nuovi diritti di prelazione sui beni del debitore.
    • Eccezione: la sospensione non si applica ai creditori titolari di crediti impignorabili (es. alimenti, risarcimenti per danni alla persona).

Revoca e inefficacia degli atti non autorizzati

  • Se il giudice scopre frodi o azioni dannose per i creditori, revoca il decreto e annulla la pubblicità della proposta.
  • Dal momento della pubblicazione del decreto fino all’omologazione, il debitore non può compiere atti straordinari (es. vendere beni o contrarre nuovi debiti) senza autorizzazione del giudice, pena l’inefficacia nei confronti dei creditori.

Sospensione di termini e prescrizioni

  • Durante la sospensione delle azioni esecutive, i termini di prescrizione si bloccano e le eventuali decadenze legali non si verificano.
  • Il decreto del giudice è considerato equivalente a un pignoramento, con gli stessi effetti.

Rimedi e impugnazioni

  • Si applicano, per quanto compatibili, le regole previste dagli articoli 737 e seguenti del Codice di Procedura Civile.
  • Se una parte vuole contestare il provvedimento del giudice, può proporre reclamo al tribunale in composizione collegiale, ma il giudice che ha emesso il decreto non può far parte del collegio che decide il reclamo.

Aggiornamenti normativi

  • D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221: stabilisce che le disposizioni dell’articolo si applicano ai procedimenti avviati dal 30° giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione.

L’articolo 10 regola il procedimento giudiziario per la valutazione della proposta di accordo o piano del consumatore, disciplinando l’udienza, le comunicazioni ai creditori, la sospensione delle azioni esecutive e le conseguenze di eventuali frodi. Inoltre, stabilisce le regole per impugnare il decreto e le modalità di pubblicazione e trascrizione del provvedimento.

Iter per l’accordo art 11 legge 3

Il processo di raggiungimento di un accordo tra il debitore e i creditori segue regole precise, stabilite per garantire equità e trasparenza. Di seguito, spieghiamo in modo semplice ma completo i punti fondamentali della norma.

1. Modalità di comunicazione del consenso dei creditori

I creditori devono esprimere il proprio consenso alla proposta di accordo e comunicarlo all’organismo di composizione della crisi. Questo può avvenire attraverso diversi mezzi ufficiali:

  • Telegramma
  • Lettera raccomandata con avviso di ricevimento
  • Fax
  • Posta elettronica certificata (PEC)

La comunicazione del consenso deve pervenire almeno dieci giorni prima dell’udienza prevista dall’articolo 10, comma 1. Se il creditore non invia alcuna comunicazione entro il termine, si considera automaticamente che abbia accettato la proposta nella forma in cui gli è stata comunicata.

2. Percentuale di creditori necessaria per l’omologazione

Perché l’accordo possa essere omologato, è necessario il consenso dei creditori che rappresentano almeno il 60% del totale dei crediti. Tuttavia, alcuni creditori non vengono conteggiati ai fini del calcolo della maggioranza e non possono esprimere voto sulla proposta:

  • I creditori con garanzie reali (privilegio, pegno o ipoteca) se la proposta prevede il pagamento integrale dei loro crediti. Tuttavia, se questi creditori rinunciano in tutto o in parte al loro diritto di prelazione, allora possono partecipare al voto.
  • Il coniuge del debitore, i parenti e affini fino al quarto grado.
  • Coloro che hanno acquistato crediti da parenti del debitore meno di un anno prima della proposta di accordo.

3. Protezione dei diritti dei coobbligati e garanti

L’accordo tra il debitore e i creditori non modifica né limita i diritti dei creditori nei confronti di:

  • Coobbligati
  • Fideiussori (persone che garantiscono il debito per conto del debitore)
  • Soggetti obbligati in via di regresso (ad esempio, chi ha pagato un debito al posto del debitore e ha diritto a chiedere il rimborso).

4. Nessuna novazione dell’obbligazione, salvo eccezioni

L’accordo non comporta la novazione dell’obbligazione, ossia non sostituisce il debito originale con un nuovo debito, a meno che non sia esplicitamente previsto nel contratto.

5. Cessazione automatica dell’accordo

L’accordo diventa automaticamente inefficace se il debitore non rispetta gli obblighi di pagamento nei confronti di:

  • Amministrazioni pubbliche
  • Enti previdenziali e assistenziali obbligatori Se il debitore non effettua i pagamenti entro 90 giorni dalle scadenze previste, l’accordo cessa di produrre effetti.

6. Revoca dell’accordo in caso di frode

L’accordo può essere revocato se, durante la procedura, emergono atti fraudolenti volti a danneggiare i creditori. In questo caso:

  • Il giudice può revocare l’accordo d’ufficio, senza necessità di una richiesta da parte dei creditori.
  • La revoca avviene con un decreto reclamabile, cioè impugnabile davanti al tribunale.
  • Il giudice che ha emesso il decreto non può far parte del collegio che esamina il reclamo.

7. Applicazione della norma nel tempo

Secondo il Decreto-Legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modifiche dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221, le disposizioni sopra descritte si applicano ai procedimenti iniziati a partire dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione.

Omologazione dell’accordo art 12 legge 3

L’omologazione dell’accordo è il passaggio conclusivo del procedimento di composizione della crisi e serve a rendere l’accordo legalmente vincolante per tutte le parti coinvolte. Vediamo i dettagli fondamentali della procedura.

1. Comunicazione dell’accordo ai creditori e trasmissione al giudice

Una volta raggiunto l’accordo, l’organismo di composizione della crisi ha il compito di:

  • Trasmettere ai creditori una relazione sui consensi espressi e sulla percentuale di adesioni raggiunta (che deve rispettare i criteri stabiliti dall’articolo 11, comma 2).
  • Allegare il testo dell’accordo.

I creditori hanno dieci giorni di tempo per sollevare eventuali contestazioni. Una volta trascorso questo termine, l’organismo trasmette al giudice:

  • La relazione definitiva.
  • Le eventuali contestazioni ricevute.
  • Un’attestazione di fattibilità del piano.

2. Omologazione da parte del giudice

Il giudice verifica che:

  • L’accordo abbia ottenuto il consenso della percentuale minima di creditori prevista.
  • Il piano garantisca il pagamento integrale dei crediti impignorabili e di quelli menzionati nell’articolo 7, comma 1, terzo periodo.
  • Le contestazioni sollevate siano state adeguatamente risolte.

Se uno dei creditori esclusi o dissenzienti contesta la convenienza dell’accordo, il giudice può comunque omologarlo se ritiene che il credito venga soddisfatto in misura non inferiore a quella che si otterrebbe in caso di liquidazione dei beni.

L’omologazione viene pubblicata con le stesse modalità previste dall’articolo 10, comma 2. Se il giudice nega l’omologazione, è possibile presentare reclamo al tribunale, ma il giudice che ha pronunciato il provvedimento non può far parte del collegio che esamina il reclamo.

3. Effetti dell’omologazione

L’accordo omologato diventa vincolante per tutti i creditori che vantano crediti anteriori alla sua pubblicazione. I creditori con titoli successivi non possono procedere all’esecuzione forzata sui beni previsti dal piano.

Termine per l’omologazione
Il giudice deve pronunciarsi entro sei mesi dalla presentazione della proposta.

4. Limitazioni per alcuni creditori

Alcuni creditori non possono opporsi o presentare reclamo contro l’omologazione, anche se dissenzienti. Questo accade se:

  • Hanno contribuito in modo colpevole alla creazione o all’aggravamento della crisi del debitore.
  • Nel caso di un consumatore, hanno violato i principi di trasparenza previsti dall’articolo 124-bis del Testo Unico Bancario (D. Lgs. 385/1993).

5. Omologazione forzata in assenza di adesione dell’amministrazione finanziaria

Se l’amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate) non aderisce all’accordo, il tribunale può omologarlo comunque, a condizione che:

  • Il voto dell’amministrazione sia decisivo per raggiungere la percentuale di creditori richiesta.
  • Il piano garantisca all’amministrazione una soddisfazione del credito più conveniente rispetto alla liquidazione.

6. Cessazione degli effetti dell’accordo

L’accordo omologato cessa di produrre effetti nei seguenti casi:

  • Risoluzione dell’accordo, ad esempio per mancato rispetto degli obblighi previsti.
  • Mancato pagamento dei crediti impignorabili o di quelli di cui all’articolo 7, comma 1, terzo periodo.
  • In caso di controversie, la verifica del mancato pagamento spetta al tribunale, che decide in camera di consiglio.

7. Rapporto tra accordo e fallimento

Se il debitore viene dichiarato fallito, l’accordo viene automaticamente risolto. Tuttavia:

  • Gli atti, i pagamenti e le garanzie previsti dall’accordo non possono essere revocati (ossia annullati) attraverso l’azione revocatoria prevista dall’articolo 67 della Legge Fallimentare.
  • I finanziamenti concessi per attuare l’accordo omologato godono di priorità nel pagamento (prededucibilità) secondo l’articolo 111 della Legge Fallimentare.

8. Applicazione delle norme nel tempo

📌 Aggiornamenti normativi

  • D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 → Le disposizioni si applicano ai procedimenti avviati dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione.
  • D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 → Le norme si applicano anche alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

L’omologazione dell’accordo è un passaggio fondamentale per dare valore legale al piano di ristrutturazione del debito. Il giudice verifica che siano rispettati tutti i requisiti di legge e può imporre l’accordo anche ai creditori dissenzienti, garantendo un equilibrio tra la tutela del debitore e i diritti dei creditori.